(continua dalla seconda parte)
I giorni successivi alla sfida contro il Ghana erano una celebrazione continua alla squadra di Lippi, al mister stesso e alla grandissima nazionale.
Sembrava tutto già scritto: ora si distruggono questi americani e si fa all'ultimo turno il biscottone con la Repubblica Ceca che demolisce i ghanesi al prossimo turno.
Purtroppo le cose vanno secondo i piani solamente quando devono andare male e infatti cinque giorni dopo aver battuto i ghanesi, poco prima dell'ora di cena, ci giungevano notizie incredibili: gli africani avevano raddoppiato contro i cechi.
La gara terminò due a zero e un'oretta dopo avevamo il non proibitivo compito di battere questi statunitensi che tra le loro file presentevano gente dal cognome improbabile come Cherundolo, Pope, Bocanegra (il cugino di Boccasana dello spruzzino) e Mastroeni.
Che il calcio non si facesse con i cognomi lo avevo già scoperto tre anni prima quando acquistammo Kakà, ma l'avvio di quella gara sembrava ben sperare: il PO PO PO PO PO venuto fuori in quei giorni si sommò al buon Pirlo che alzava la mano e batteva la punizione precisamente sulla testa del Gila che la gira in porta, calma i tifosi e va alla bandierina per suonare il violino.
Vi aspettavate un inizio migliore di questo?
Nessun italiano in quel caldo sabato sera di metà giugno se lo sarebbe aspettato, ma mettere la gara subito in ghiaccio avrebbe permesso di considerare la gara già chiusa ed uscire prima della fine.
Niente di più sbagliato si può fare quando gioca la Nazionale: lo pensarono tanti mariti di risposta alle proprie mogli che speravano, dopo sei giorni di lavoro, di uscire almeno il sabato sera, ma soprattutto lo pensò un terzino ventitrenne, militante nel Palermo e al suo primo mondiale.
Nella prima gara contro il Ghana non aveva sfigurato e cosa c'era di male nel riproporlo contro i meno pericolosi americani?
Cinque minuti dopo il gol di Gilardino fu fischiata una punizione dalla sinistra di Buffon: dal mucchio piazzatosi in area non sappiamo per quale motivo la Rai inquadrò Zaccardo che tentava di non lasciarsi scappare McBride.
In un solo fotogramma la televisione di stato avrebbe ripreso la parte rimanente della gara.
La palla lanciata a centro area è facile preda del nostro terzino palermitano che tenta di rinviare; ci aspettiamo che il pallone voli via, lontano dai pericoli, ma non si sa mai per quale scherzo del destino la vediamo in porta nostra con un Buffon impietrito e gli americani festanti. Probabilmente è intervenuto quel McBride, ma il replay è impietoso: nel tentativo di rinviare con il sinistro Zaccardo ha sbucciato clamorosamente il pallone che, rimbalzato sul polpaccio destro, si è infilato in porta e proprio nell'angolo più remoto alla destra di Buffon.
Da quel momento Zaccardo (detto con disprezzo) diventò uno dei soprannomi più balordi che si potevano affibbiare all'amico scarso che se la buttava nella propria porta.
Sconsolati, noi pischellini continuavamo a chiederci perchè uno dal cognome così degradante e dal viso così disperato come Zaccardo giocasse in Nazionale quando vediamo uno scontro a centrocampo e probabilmente l'arbitro ferma il gioco per soccorrere questo deficiente americano (sì, dopo il pareggio li odiamo) che starà sicuramente simulando.
"Falla finita, arzatiiii!" ci scappa di urlare mentre l'arbitro sta puntando un cartellino a De Rossi che...è rosso!
VOSSO PEV DEVOSSI urla su Sky quel Caressa che iniziamo a conoscere e che ci sembra tanto bravo: è infatti la prima occasione che gli tocca commentare la Nazionale e non sfigura affatto.
Ci chiediamo cos'è, perchè, dove, quando e cosa sia successo, ma un altro impietoso replay ci mostra che Capitan Futuro (anche dieci anni dopo lo è sempre) nel saltare in alto ha decisamente tirato una pesante gomitata a McBride. Sì, ancora lui. Le immagini dell'americano che zampilla sangue faranno il giro di tutti i giornali nei giorni seguenti e con una facilità impressionante De Rossi passò da delinquente.
Gli ci vorranno tre settimane per riabilitarsi, un tempo tutto sommato accettabile.
Non siamo capaci di assimilare il pareggio, l'autorete e l'espulsione in così poco tempo perchè siamo dei marmocchi dodicenni, ma possiamo capire che togliere Totti per mettere Gattuso non è sicuramente un'immagine di una squadra che vuole provare a tornare in vantaggio.
Abbiamo la scusante che siamo sotto di un uomo, ma la storia non ammette giustificazioni: un istante prima della fine del primo tempo un roccioso centrocampista come Mastroeni spiega al mondo intero perchè contenga MASTRO nel suo cognome e entra malissimo su Pirlo mettendo fine anzitempo alla sua gara.
Nell'intervallo crediamo che in parità numerica possiamo sicuramente segnare un'altra rete a questi carpentieri americani che, a inizio ripresa, vedono riceversi il secondo giallo per Pope e scalare di un altro uomo.
Un autotraversa degli Usa e l'ingresso di Del Piero spostano in avanti il baricentro azzurro, ma sono proprio i discendenti di Washington e Jefferson a portarsi in vantaggio: fortunatamente il solito McBride era in fuorigioco sulla traiettoria di un Buffon che aveva lisciato il pallone così il risultato resta in parità.
Resterà in parità fino al termine perchè Del Piero non riuscirà a vincere la sua personale sfida contro il trentasettenne portiere americano Kasey Keller che gli respingerà qualsiasi tiro da qualsiasi posizione.
Eravamo sì al primo posto del girone, ma cinque giorni dopo, con il caldo torrido delle 4 del pomeriggio, avremmo affrontato i terribili Cechi che annoverano tra le propria fila l'iradiddio bionda Pavel Nedved, il goleador dell'ultimo europeo Milan Baros e uno dei portieri più forti del mondo, tale Peter Cech.
Mai come in quei pomeriggi successivi le negative previsioni sulla gara contro la Repubblica Ceca furono sbagliate.
Ma questo è un altro Materazzi...
(alla prossima puntata)