giovedì 29 ottobre 2015

Hallo Win

Halloween è sempre stata una festa poco considerata nell'immaginario italiano.
Probabilmente quegli spiriti maligni contrastavano troppo con la cattolicissima società italiana e a quella festa dell'ultimo giorno di ottobre andava dato il meno peso possibile.

Resta comunque il fatto che noi ventenni abbiamo sempre amato Halloween sia per non andare a scuola il giorno seguente e sia per un accozzaglia di dolci tutti in una sera come non si vedeva nemmeno a Natale.
Ai bambini è sempre piaciuta perchè potevano addentrarsi nel mondo dell'oscuro, troppo spesso relegato agli adulti.
Da piccolo anch'io attribuivo un peso fondamentale ad Halloween e l'ho spesso considerata la festa più importante dell'anno anche se festa non è lo è mai stata.
Era infatti segnato rosso sul calendario il giorno seguente, Ognissanti, quando per troppi anni ho fatto visite a cinque o sei cimiteri in una giornata per ricordare i parenti defunti.
Sotto sotto festa non lo è mai stato...

Non lo è neanche oggi quando pure i più piccoli non apprezzano più l'ultimo giorno di ottobre, il fantastico 31, limitandosi a scrivere sui social network "Buon Halloween a tutti" (che augurio è?) mentre i più grandi il massimo che riescono a combinare è di andare a ballare.
Da piccolo era incredibile il peso che io riuscissi a dare a questo giorno snobbato da tutti.
La ricerca dei vestiti, del trucco e degli accessori partiva già a metà ottobre e non sempre i negozi erano forniti per soddisfare un bambino di 8-10 anni.
I commessi erano soliti ridermi in faccia quando chiedevo loro del sangue finto o del fondotinta bianco per anticipare, purtroppo, l'epoca di Twilight, ma quando minacciavo loro di uscire dal negozio senza nemmeno comprare una dentiera finta o le corna da diavolo riuscivano spesso a tagliarsi le vene e a darmi del loro sangue pur di vendere qualcosa.

Nel mio immaginario, e in quello che la Disney ed il cinema mi avevano inculcato, tutta la città, grandi e piccini, dovevano intagliare le zucche settimane prima e addobbare le case con festoni neri, viola o arancione, ma ero quasi sempre l'unico a farlo.
Nelle scuole americane i professori non facevano lezione, raccontando la storia della zucca, mentre da noi il ponte di Ognissanti era una scusa per addossarci anche più compiti.
"Me ne frego, è Halloween e non studio" replicai a una prof anni fa prima che un 4 il 3 di novembre mi facesse ricredere...

L'attesa più bella prima del 31 era quella di passare le mie serate ed i miei pomeriggi a guardare senza pietà più o meno tutti i possibili film di Halloween.
Prima che la saga "Halloween" mi rendesse un devoto di John Carpenter, sono due i film che ogni anno ho sempre aspettato ad Hallowen.

Il primo film fu senza dubbio "Hocus Pocus" che raccontava la storia di tre sorelle streghe che dopo secoli venivano risvegliate da due ragazze e un ragazzo con la sola accensione di un cero. La storia, a distanza di anni, pare più banale che mai, ma l'interpretazione di Bette Midler e la canzone "I put a spell on you", riarrangiata per il film, erano un qualcosa di perfetto che difficilmente un film per bambini può riproporre.

L'altra chicca, la migliore, riguarda un pomeriggio di Halloween di una decina di anni fa quando su Piccoli Brividi, al tempo su Fox Kids, trasmisero la puntata de "La maschera maledetta".
Era una storia particolare di una ragazza che, acquistata una maschera in un particolare negozio di Halloween, scopriva a festa finita che ormai non poteva più togliersela dalla testa.
Avevo più o meno 9 anni quando l'amica della protagonista la guardò con aria sconvolta e sentenziò lentalmente "Non posso togliertela, la maschera non ha una fine".
Ci sono persone che sono rimaste traumatizzate da film ben più terrificanti, ma quella frase che mi sorbii solo in casa di mia nonna in quel freddo pomeriggio del 31 ottobre mi fece gelare il sangue.

Il punto più alto di ogni festa sarebbe però stata la serata quando con vari travestimenti io e i miei amici uscivano nel quartiere qui vicino a fare "Dolcetto o scherzetto?" riportando a casa enormi quantità di dolci che facevano felici il dentista mio e quello dei miei amici.

Il punto più alto fu comunque un Halloween di sette o otto anni fa quando suonarono dai miei nonni dei bambini. Nonna, che aveva fatto la consueta scorta di caramelle, era a farsi la doccia e toccò a mio nonno andare ad aprire la porta. Con la consueta tranquillità stava per far scattare il cancello e fare entrare i ragazzi, ma un qualcosa lo fermò.
Uno dei ragazzi mascherati accennò un "GRANDE SIGNORE, FORZA JUVE! SI VEDE CHE ANCHE LEI E' BIANCONERO, EH?".
Fermandosi sulla porta il nonno impiegò un secondo per urlare "CHE COSAAAAA?!!?!", sbattere la porta e tornarsene sul divano.

Dopo alcuni minuti uscì dal bagno la nonna che si incuriosì
"Dario c'era qualcuno alla porta che ha suonato. Chi era?"

"Gentaccia, Grazia. Veramente gentaccia..."

lunedì 12 ottobre 2015

Generazioni di Bibbonesi

Alla fine è solo un campeggio, in una frazione chiusa, zero divertimenti, zero locali, due ritrovi modesti dove la musica è sempre la musica.
Sì, Marina di Bibbona non è cambiata e non cambierà. Rimane sempre il solito posto per vecchi e bambini, il solito campeggio con i soliti vicini, spesso anche pallosi, dove stai un po' stretto.

Non è la Versilia e non ci sono nè i negozi per le mogli nè i locali per gli adolescenti; è solo un posto di riposo.
E cosa ci fanno dei ragazzi in un posto di riposo?
Niente, assolutamente niente. Si chiedono giorno e sera che fare e, se possibilitati, vanno in altri posti a passare le serate.

Però la storia non finisce qui. Ognuno di noi casualmente finisce sempre lì, nella frazione tra la California e Bolgheri, in un luogo che non ha gli orologi, ma solo i tramonti.
Marina di Bibbona per me e per gli altri 200 ragazzi (minimo) della mia generazione non è solamente un posto dove passi le vacanze. Marina di Bibbona è un luogo incontaminato, quasi come se fosse ermeticamente chiuso in una scatola.




Non lo possiamo abbandonare. Quando lo facciamo ci stacchiamo a malincuore, cerchiamo sempre di posticipare il rientro, piangiamo per rimanere una notte in più. Sissignori, quel posto ha qualcosa di magico. Non sappiamo neanche perchè.
Sarà che ci è sempre parso spontaneo e, come si parla italiano automaticamente quando si nasce da genitori italiani, così si apprezza Marina di Bibbona dalla nascita.
Lì abbiamo mosso i primi passi, lì abbiamo preso i primi malannni estivi, le nostre prime punture da insetti, le nostre prime cotte estive quando, già un bacio sulla guancia, voleva dire tantissimo.

Nei nostri album fotografici orgogliosamente diciamo: "Sì, lì eravamo a Bibbona!". A differenza di quei ragazzi che passano la loro infanzia nei bagni di Lido, Viareggio, Forte e co, dove la compagnia quando si è piccoli è riservata solo alla spiaggia, noi campeggiatori siamo di un altro lignaggio.
Fin da piccini i nostri amici li vedevamo 24h su 24, a pranzo, cena e fino a tarda notte. Era un divertimento esasperato aver tutto lì vicino e per così tanto tempo.

Chi cresce nei campeggi solitamente è "allevato" dai nonni, ormai in pensione, che vengono volentieri a badare il nipotino pur di riposarsi al fresco lontano dalle afose città.