(continua dalla seconda parte)
I giorni successivi alla sfida contro il Ghana erano una celebrazione continua alla squadra di Lippi, al mister stesso e alla grandissima nazionale.
Sembrava tutto già scritto: ora si distruggono questi americani e si fa all'ultimo turno il biscottone con la Repubblica Ceca che demolisce i ghanesi al prossimo turno.
Purtroppo le cose vanno secondo i piani solamente quando devono andare male e infatti cinque giorni dopo aver battuto i ghanesi, poco prima dell'ora di cena, ci giungevano notizie incredibili: gli africani avevano raddoppiato contro i cechi.
La gara terminò due a zero e un'oretta dopo avevamo il non proibitivo compito di battere questi statunitensi che tra le loro file presentevano gente dal cognome improbabile come Cherundolo, Pope, Bocanegra (il cugino di Boccasana dello spruzzino) e Mastroeni.
Che il calcio non si facesse con i cognomi lo avevo già scoperto tre anni prima quando acquistammo Kakà, ma l'avvio di quella gara sembrava ben sperare: il PO PO PO PO PO venuto fuori in quei giorni si sommò al buon Pirlo che alzava la mano e batteva la punizione precisamente sulla testa del Gila che la gira in porta, calma i tifosi e va alla bandierina per suonare il violino.
Vi aspettavate un inizio migliore di questo?
Nessun italiano in quel caldo sabato sera di metà giugno se lo sarebbe aspettato, ma mettere la gara subito in ghiaccio avrebbe permesso di considerare la gara già chiusa ed uscire prima della fine.
Niente di più sbagliato si può fare quando gioca la Nazionale: lo pensarono tanti mariti di risposta alle proprie mogli che speravano, dopo sei giorni di lavoro, di uscire almeno il sabato sera, ma soprattutto lo pensò un terzino ventitrenne, militante nel Palermo e al suo primo mondiale.
Nella prima gara contro il Ghana non aveva sfigurato e cosa c'era di male nel riproporlo contro i meno pericolosi americani?
Cinque minuti dopo il gol di Gilardino fu fischiata una punizione dalla sinistra di Buffon: dal mucchio piazzatosi in area non sappiamo per quale motivo la Rai inquadrò Zaccardo che tentava di non lasciarsi scappare McBride.
In un solo fotogramma la televisione di stato avrebbe ripreso la parte rimanente della gara.
La palla lanciata a centro area è facile preda del nostro terzino palermitano che tenta di rinviare; ci aspettiamo che il pallone voli via, lontano dai pericoli, ma non si sa mai per quale scherzo del destino la vediamo in porta nostra con un Buffon impietrito e gli americani festanti. Probabilmente è intervenuto quel McBride, ma il replay è impietoso: nel tentativo di rinviare con il sinistro Zaccardo ha sbucciato clamorosamente il pallone che, rimbalzato sul polpaccio destro, si è infilato in porta e proprio nell'angolo più remoto alla destra di Buffon.
Da quel momento Zaccardo (detto con disprezzo) diventò uno dei soprannomi più balordi che si potevano affibbiare all'amico scarso che se la buttava nella propria porta.
Sconsolati, noi pischellini continuavamo a chiederci perchè uno dal cognome così degradante e dal viso così disperato come Zaccardo giocasse in Nazionale quando vediamo uno scontro a centrocampo e probabilmente l'arbitro ferma il gioco per soccorrere questo deficiente americano (sì, dopo il pareggio li odiamo) che starà sicuramente simulando.
"Falla finita, arzatiiii!" ci scappa di urlare mentre l'arbitro sta puntando un cartellino a De Rossi che...è rosso!
VOSSO PEV DEVOSSI urla su Sky quel Caressa che iniziamo a conoscere e che ci sembra tanto bravo: è infatti la prima occasione che gli tocca commentare la Nazionale e non sfigura affatto.
Ci chiediamo cos'è, perchè, dove, quando e cosa sia successo, ma un altro impietoso replay ci mostra che Capitan Futuro (anche dieci anni dopo lo è sempre) nel saltare in alto ha decisamente tirato una pesante gomitata a McBride. Sì, ancora lui. Le immagini dell'americano che zampilla sangue faranno il giro di tutti i giornali nei giorni seguenti e con una facilità impressionante De Rossi passò da delinquente.
Gli ci vorranno tre settimane per riabilitarsi, un tempo tutto sommato accettabile.
Non siamo capaci di assimilare il pareggio, l'autorete e l'espulsione in così poco tempo perchè siamo dei marmocchi dodicenni, ma possiamo capire che togliere Totti per mettere Gattuso non è sicuramente un'immagine di una squadra che vuole provare a tornare in vantaggio.
Abbiamo la scusante che siamo sotto di un uomo, ma la storia non ammette giustificazioni: un istante prima della fine del primo tempo un roccioso centrocampista come Mastroeni spiega al mondo intero perchè contenga MASTRO nel suo cognome e entra malissimo su Pirlo mettendo fine anzitempo alla sua gara.
Nell'intervallo crediamo che in parità numerica possiamo sicuramente segnare un'altra rete a questi carpentieri americani che, a inizio ripresa, vedono riceversi il secondo giallo per Pope e scalare di un altro uomo.
Un autotraversa degli Usa e l'ingresso di Del Piero spostano in avanti il baricentro azzurro, ma sono proprio i discendenti di Washington e Jefferson a portarsi in vantaggio: fortunatamente il solito McBride era in fuorigioco sulla traiettoria di un Buffon che aveva lisciato il pallone così il risultato resta in parità.
Resterà in parità fino al termine perchè Del Piero non riuscirà a vincere la sua personale sfida contro il trentasettenne portiere americano Kasey Keller che gli respingerà qualsiasi tiro da qualsiasi posizione.
Eravamo sì al primo posto del girone, ma cinque giorni dopo, con il caldo torrido delle 4 del pomeriggio, avremmo affrontato i terribili Cechi che annoverano tra le propria fila l'iradiddio bionda Pavel Nedved, il goleador dell'ultimo europeo Milan Baros e uno dei portieri più forti del mondo, tale Peter Cech.
Mai come in quei pomeriggi successivi le negative previsioni sulla gara contro la Repubblica Ceca furono sbagliate.
Ma questo è un altro Materazzi...
(alla prossima puntata)
giovedì 18 febbraio 2016
martedì 26 gennaio 2016
Dieci anni di Berlino (parte due)
(continua dalla prima parte)
Saremo stati anche fortissimi, ma il girone di qualificazione non era dei più facili.
O meglio, sulla carta sarebbe stato facile, ma i giornalisti, già critici verso il mondo del calcio, iniziarono una lunga campagna mediatica nell'enfatizzare e sopravvalutare ogni avversario della nostra nazionale.
Insieme all'Italia nel gruppo E furono sorteggiate Ghana, Repubblica Ceca e Stati Uniti.
Se l'unico spauracchio vero e proprio poteva apparire la squadra di Nedved e compagni, neii giorni precedenti all'incontro inaugurale degli azzurri, datato 12 giugno contro il Ghana, iniziò un'incredibile operazione di pompaggio mediatico degli 11 ghanesi. Sarà che quattro anni prima furono 11 coreani picchiatori a eliminarci, ma i nostri avversari africani vennero descritti come velocissimi, resistenti nel contrasto fisico e, tanto per mettercene un'altra, anche dotati di una tecnica sopraffina.
Tra di loro militavano molte conoscenze del campionato italiano come Appiah, Mensah, Asamoah (se non avevi AH in fondo al cognome non potevi essere convocato?) e veri e propri leader come Muntari ed Essien che iniziavano a diventare il sogno di mercato di molti club. Oltre a loro il leader difensivo di quella squadra era il romanista Kuffour che chiunque si ricorderà a proposito della gara giocata contro l'Italia.
Ma andiamo con ordine.
Il 12 giugno era di lunedì, il giorno più nero della settimana se non si è parrucchieri. Quel giorno però per molti iniziò in maniera positiva: era il primo giorno delle vacanze estive.
Che culo iniziare le vacanze e avere subito la gara dell'Italia eh?
Prima del match della nazionale, in programma alle 21 in punto ad Hannover, nel pomeriggio si sfidavano gli altri due avversari del nostro girone. Il risultato ci dette subito un'impressione devastante della squadra di Nedved: Usa-Repubblica Ceca 0-3.
Abbagli di fine primavera.
Il tempo passò in fretta e le strade si svuotarono per creare verso le nove di sera un clima di assoluto silenzio a favore dei milioni di televisori accesi dove poteva rimbombare o la voce squillante di Fabio Caressa oppure quella moderata di Marco Civoli.
Così mentre il babbo alzava il televisore al massimo prendendosi i rimbrotti della mamma ("O un è mia un firme, si può guardà anche cor volume più basso la partita eh!") rivedevamo dopo un mese i protagonisti dello scandalo di Calciopoli. Guidati dall'ex juventino Marcello Lippi, coinvolto nella bufera anche lui data la presenza di suo figlio in una società di procuratori sportivi, gli 11 azzurri si presentavano nel tunnel che conduceva al campo più in ansia che mai.
Infatti solamente 4/11 di quella squadra aveva già partecipato a un campionato del mondo mentre i rimanenti raramente avevano già disputato delle gare europee con le loro squadre di club. Era una nazionale che abbracciava tanti club, anche quelli minori: basti pensare che addirittura il Palermo poteva contare su quattro rappresentanti.
Rispetto alle gare inaugurali dove ci si confronta tatticamente nelle prime fasi di gioco, Italia-Ghana parte subito forte e Gilardino prende il palo dopo aver fatto passare la sfera in mezzo alle gambe dell'abbastanza scoordinato portiere Kingson. Poco dopo la gara per l'Italia sembra stregata quando l'attaccante più in forma dell'ultima serie A, Toni della Fiorentina, colpisce una traversa con una potenza inaudita che fa destare tutti gli italiani assopiti davanti alla tv per il caldo.
I ghanesi non mollano la presa e approfittano delle falle difensive azzurre per stuzzicare il signor Seredova, quel Gigi Buffon che si era attirato la stima di tutti i maschi italiani dato che si bombava una delle attrici più belle in circolazione in quel momento.
La gara si sta per avviare verso la fine del primo tempo quando sugli sviluppi di un calcio d'angolo Totti serve Pirlo al limite dell'area. I coraggiosi africani sono in 44 dentro la loro area creando una specie di muraglia umana che impedisce al loro portiere anche di intuire in che diavolo di posto si trovi il pallone.
Di tempo per tirare il buon Pirlo ne aveva così, dopo aver controllato una ventina di volte il pallone e la porta, scoccò un tiro preciso, ma così preciso che avrebbe preso Gilardino in testa.
Fortunatamente il bomber di Biella decise di abbassare la testa e lasciò il pallone infilarsi alle spalle del portiere che si tuffò quando ormai la frittata era fatta. ANDRREEEEEAAA PIRRRLLOO urla Caressa un secondo dopo Marco Civoli che beneficia di questo anticipo temporale che la Rai ha sul satellite.
"Siamo in vantaggio contro questi ghanesi scarsi con un tiraccio da fuori area": l'italiano medio non si accontenta nemmeno a fine primo tempo quando va fuori a prendere una boccata d'aria.
Se non ci si accontenta quando si domina come si può essere felici a inizio ripresa quando Buffon è costretto a distendersi per respingere un bolide da quaranta metri di Essien?
La gara iniziava a farsi cattiva e ogni qualvolta Totti entra in un contrasto si teme il peggio: erano infatti sempre vive nella nostra mente le immagini di cinque mesi prima quando il capitano della Roma subì quel durissimo infortunio, trasmesso per giorni e giorni su telegiornali e trasmissioni sportive, con l'immagine di quella gamba che si girava e l'immane urlo di dolore del romanista.
A febbraio si credeva ormai che Francescone non ce l'avrebbe mai fatta a riprendersi e invece ora era qua, a scartamento ridotto, ma titolare e pronto a giocarsi il suo secondo mondiale.
Non ci pensò due volte Lippi che, al primo dolorino, tolse il giallorosso per fare spazio a Camoranesi. Il cambio seguente vide uscire il goleador rossonero Gilardino in favore del friulano Iaquinta.
Perplessità aleggiavano nell'aria su questa scelta di Lippi che meno di venti minuti dopo fu ripagato.
La gara si stava incanalando con sofferenza verso l'1-0 per gli azzurri quando un lancio dalle nostre retrovie era facile preda del già citato Kuffour che avrebbe appoggiato comodamente al suo portiere.
Il centrale ghanese non premette sufficientemente il tasto X e l'accorrente Iaquinta si fiondò su quel pallone, saltò il balordo portiere e depositò in porta il pallone che ormai chiudeva la gara.
Lippi iniziò a prendere a calci le bottigliette d'acqua e con quella maglietta amaranto ci appariva nemmeno un lontano parente del gobbo che "convocava solo quelli della Juventus" odiato da almeno il 70% dei tifosi italiani.
Avevamo vinto la prima gara dei mondiali, il giorno dopo non c'era da andare a scuola e nella seconda gara avremmo affrontato gli americani che "Son boni solo per giocare a baseball o a basket".
Peccato non aver fatto i conti con Cristian.
(alla prossima puntata...)
Saremo stati anche fortissimi, ma il girone di qualificazione non era dei più facili.
O meglio, sulla carta sarebbe stato facile, ma i giornalisti, già critici verso il mondo del calcio, iniziarono una lunga campagna mediatica nell'enfatizzare e sopravvalutare ogni avversario della nostra nazionale.
Insieme all'Italia nel gruppo E furono sorteggiate Ghana, Repubblica Ceca e Stati Uniti.
Se l'unico spauracchio vero e proprio poteva apparire la squadra di Nedved e compagni, neii giorni precedenti all'incontro inaugurale degli azzurri, datato 12 giugno contro il Ghana, iniziò un'incredibile operazione di pompaggio mediatico degli 11 ghanesi. Sarà che quattro anni prima furono 11 coreani picchiatori a eliminarci, ma i nostri avversari africani vennero descritti come velocissimi, resistenti nel contrasto fisico e, tanto per mettercene un'altra, anche dotati di una tecnica sopraffina.
Tra di loro militavano molte conoscenze del campionato italiano come Appiah, Mensah, Asamoah (se non avevi AH in fondo al cognome non potevi essere convocato?) e veri e propri leader come Muntari ed Essien che iniziavano a diventare il sogno di mercato di molti club. Oltre a loro il leader difensivo di quella squadra era il romanista Kuffour che chiunque si ricorderà a proposito della gara giocata contro l'Italia.
Ma andiamo con ordine.
Il 12 giugno era di lunedì, il giorno più nero della settimana se non si è parrucchieri. Quel giorno però per molti iniziò in maniera positiva: era il primo giorno delle vacanze estive.
Che culo iniziare le vacanze e avere subito la gara dell'Italia eh?
Prima del match della nazionale, in programma alle 21 in punto ad Hannover, nel pomeriggio si sfidavano gli altri due avversari del nostro girone. Il risultato ci dette subito un'impressione devastante della squadra di Nedved: Usa-Repubblica Ceca 0-3.
Abbagli di fine primavera.
Il tempo passò in fretta e le strade si svuotarono per creare verso le nove di sera un clima di assoluto silenzio a favore dei milioni di televisori accesi dove poteva rimbombare o la voce squillante di Fabio Caressa oppure quella moderata di Marco Civoli.
Così mentre il babbo alzava il televisore al massimo prendendosi i rimbrotti della mamma ("O un è mia un firme, si può guardà anche cor volume più basso la partita eh!") rivedevamo dopo un mese i protagonisti dello scandalo di Calciopoli. Guidati dall'ex juventino Marcello Lippi, coinvolto nella bufera anche lui data la presenza di suo figlio in una società di procuratori sportivi, gli 11 azzurri si presentavano nel tunnel che conduceva al campo più in ansia che mai.
Infatti solamente 4/11 di quella squadra aveva già partecipato a un campionato del mondo mentre i rimanenti raramente avevano già disputato delle gare europee con le loro squadre di club. Era una nazionale che abbracciava tanti club, anche quelli minori: basti pensare che addirittura il Palermo poteva contare su quattro rappresentanti.
Rispetto alle gare inaugurali dove ci si confronta tatticamente nelle prime fasi di gioco, Italia-Ghana parte subito forte e Gilardino prende il palo dopo aver fatto passare la sfera in mezzo alle gambe dell'abbastanza scoordinato portiere Kingson. Poco dopo la gara per l'Italia sembra stregata quando l'attaccante più in forma dell'ultima serie A, Toni della Fiorentina, colpisce una traversa con una potenza inaudita che fa destare tutti gli italiani assopiti davanti alla tv per il caldo.
I ghanesi non mollano la presa e approfittano delle falle difensive azzurre per stuzzicare il signor Seredova, quel Gigi Buffon che si era attirato la stima di tutti i maschi italiani dato che si bombava una delle attrici più belle in circolazione in quel momento.
La gara si sta per avviare verso la fine del primo tempo quando sugli sviluppi di un calcio d'angolo Totti serve Pirlo al limite dell'area. I coraggiosi africani sono in 44 dentro la loro area creando una specie di muraglia umana che impedisce al loro portiere anche di intuire in che diavolo di posto si trovi il pallone.
Di tempo per tirare il buon Pirlo ne aveva così, dopo aver controllato una ventina di volte il pallone e la porta, scoccò un tiro preciso, ma così preciso che avrebbe preso Gilardino in testa.
Fortunatamente il bomber di Biella decise di abbassare la testa e lasciò il pallone infilarsi alle spalle del portiere che si tuffò quando ormai la frittata era fatta. ANDRREEEEEAAA PIRRRLLOO urla Caressa un secondo dopo Marco Civoli che beneficia di questo anticipo temporale che la Rai ha sul satellite.
"Siamo in vantaggio contro questi ghanesi scarsi con un tiraccio da fuori area": l'italiano medio non si accontenta nemmeno a fine primo tempo quando va fuori a prendere una boccata d'aria.
Se non ci si accontenta quando si domina come si può essere felici a inizio ripresa quando Buffon è costretto a distendersi per respingere un bolide da quaranta metri di Essien?
La gara iniziava a farsi cattiva e ogni qualvolta Totti entra in un contrasto si teme il peggio: erano infatti sempre vive nella nostra mente le immagini di cinque mesi prima quando il capitano della Roma subì quel durissimo infortunio, trasmesso per giorni e giorni su telegiornali e trasmissioni sportive, con l'immagine di quella gamba che si girava e l'immane urlo di dolore del romanista.
A febbraio si credeva ormai che Francescone non ce l'avrebbe mai fatta a riprendersi e invece ora era qua, a scartamento ridotto, ma titolare e pronto a giocarsi il suo secondo mondiale.
Non ci pensò due volte Lippi che, al primo dolorino, tolse il giallorosso per fare spazio a Camoranesi. Il cambio seguente vide uscire il goleador rossonero Gilardino in favore del friulano Iaquinta.
Perplessità aleggiavano nell'aria su questa scelta di Lippi che meno di venti minuti dopo fu ripagato.
La gara si stava incanalando con sofferenza verso l'1-0 per gli azzurri quando un lancio dalle nostre retrovie era facile preda del già citato Kuffour che avrebbe appoggiato comodamente al suo portiere.
Il centrale ghanese non premette sufficientemente il tasto X e l'accorrente Iaquinta si fiondò su quel pallone, saltò il balordo portiere e depositò in porta il pallone che ormai chiudeva la gara.
Lippi iniziò a prendere a calci le bottigliette d'acqua e con quella maglietta amaranto ci appariva nemmeno un lontano parente del gobbo che "convocava solo quelli della Juventus" odiato da almeno il 70% dei tifosi italiani.
Avevamo vinto la prima gara dei mondiali, il giorno dopo non c'era da andare a scuola e nella seconda gara avremmo affrontato gli americani che "Son boni solo per giocare a baseball o a basket".
Peccato non aver fatto i conti con Cristian.
(alla prossima puntata...)
lunedì 25 gennaio 2016
Dieci anni di Berlino - parte uno
Sono passati ormai dieci anni da quell'estate fantastica, da quei 30 giorni che noi ragazzi degli anni '90 non dimenticheremo mai, da quel giugno-luglio, da quel susseguirsi di partite, di vittorie, di tensioni, di sudore, di emozioni, di esultanze.
Insomma, sono passati 10 anni dall'estate dei Mondiali.
Sì, avete letto bene, Mondiali con la "m" maiuscola perchè sono gli unici, gli indimenticabili, i veri mondiali. Sono i mondiali che chiunque sia nato negli anni '90 non dimenticherà mai e che si ricorderà di ogni piccolo particolare.
Il motivo è semplice e banale: li abbiamo vinti noi.
Una persona distante dallo sport o più precisamente dal gioco del calcio può ritenere questa vittoria insignificante, da poter rifare, una tra tante.
Nel gioco del calcio purtroppo (o menomale) non è così. Nel gioco del calcio un mondiale è per sempre, tanto più se vivi in Italia.
Nelle altre nazioni possiamo vedere i tifosi di ogni squadra esaltarsi per le avventure della propria squadra di club che ottiene successi saltuari, ma li ottiene.
In Italia purtroppo oltre ai tifosi delle tre sorelle principali (le famose maglie a strisce) le soddisfazioni per le altre squadre e per i rispettivi tifosi sono sempre meno: logico aspettarsi qualche soddisfazioni dalla nazionale che raggruppa anche qualche giocatore dei club minori, visto da molti come l'uomo semplice che ha raggiunto grandi risultati.
Patriottismo a parte, 10 anni fa l'Italia calcistica si apprestava a vivere un mondiale che doveva essere una vendetta dello smacco subito quattro anni prima in Corea.
Non ci fu però neanche il tempo di iniziare ed ecco subito un altro smacco.
Scoppia lo scandalo Calciopoli dove quattro società (Milan, Lazio, Juventus e Fiorentina) sono direttamente coinvolte nel tantativo di truccare le gare di serie A grazie a prove più o meno esplicite che da maggio in poi verranno allo scoperto.
Dopo ventisei anni ecco un altro scandalo sportivo di enormi dimensioni e proprio a ridosso di un Mondiale, unico momento in cui le fazioni divise in Serie A dovrebbero riunirsi.
Le risposte che giunsero dai vari tifosi furono quelle di non credere più (tanti momentamente, alcuni definitivamente) nel gioco più bello del mondo dopo che erano stati traditi per la seconda volta.
Si divise la schiera in chi totalmente abbandonò quello sport e chi decise di seguire solamente la nazionale, guardare il calcio internazionale, cercando aria nuova, facce nuove, voglia di cambiare aria e di distaccarsi da Moggi, Galliani, Giraudo, Bettega, Della Valle, Lotito, Berlusconi e i padroni del calcio in quel torrido inizio di estate.
Noi piccole canaglie nate a ridosso di Mani Pulite e con un'estate totalmente vuota davanti (fortunatamente i libri delle vacanze di medie ed elementari erano molto leggeri...) decidemmo di optare per la seconda strada, quella meno diplomatica, quella di affidarsi ai sogni azzurri: d'altronde non poteva esserci diplomazia in ragazzi dai 10 ai 16 anni.
Iniziammo così a sfogliare riviste sportive o di televisione dove venivano programmate le partite di questo campionato del mondo, per la prima volta non trasmesso esclusivamente dalla Rai; Sky infatti aveva mosso la sua imponente macchina organizzativa e si era assicurato tutte le gare rispetto alla prima televisione nazionale che poteva contare solo su una gara al giorno.
Alla radio impazzavano hit che al momento potevano apparire stupide ed estemporanee, ma che si ricordano a memoria anche dopo 10 anni.
Ligabue a settembre vincerà il Festivalbar con Happy Hour che intanto, in piena estate, strombazzava nelle pubblicità della Vodafone con Muccino e la Chiatti che viaggiavano sul retro di quel furgone, sicuri che gli sarebbe bastata la promozione "00 Summer" per arrivare a settembre.
Mediaworld credeva così poco negli azzurri che avrebbe rimborsato il televisore comprato prima dei mondiali se la nazionale avesse vinto la Coppa del Mondo.
Nessuno ci sperava e nemmeno un giornale come la Nazione ci inseriva tra le squadre favoritissime dato che poneva davanti a noi Brasile, Argentina, Germania, Inghilterra, Francia e Spagna.
Napolitano era appena stato eletto come undicesimo presidente della Repubblica e a guardarlo oggi sembra invecchiato di altri vent'anni; al potere si era appena insediato il secondo governo Prodi che abbracciava una schiera così variegata di idee politiche che riuscì a malapena a durare per un anno e mezzo prima di spegnersi ad inizio 2008.
I telefonini e le vallette di Stefano Ricucci indirizzavano l'Italia verso un mondo che degenererà in breve tempo mentre chi si voleva divertire il martedì sera si piazzava su Italia Uno e poteva godersi il Festivalbar, l'unica trasmissione musicale che abbracciava grandi e piccini.
I più attempati potevano trovare soddisfazioni nella travolgente "Notte di mezza estate" cantata dal duo Bennato-Britti, da un Ivano Fossati che ritornava ai fasti del passato con "Ho sognato una strada" oppure toccare lo zenith di quell'estate musicale con la Nannini che coglieva una doppietta con i singoli "Io" e soprattutto quel "Sei nell'anima" che già da gennaio permetteva alla cantante di Siena di toccare posizioni che non vedeva da parecchi anni.
I più giovani scoprivano gli Zero Assoluto che con "Sei parte di me" e "Svegliarsi la mattina" riempivano le pagine dei diari delle adolescenti insieme a quei Finley che ci assicuravano che "Diventerai una star" mangiando un Kinder Maxi.
Tanti giovani si abbuffarono quindi in quell'estate, sperando di diventare qualcuno, ma aumentarono solamente un po' di più il loro peso.
Jovanotti ci obbligava a "Falla girare", ma noi ragazzi del 1994 ancora non capivamo di cosa parlasse; Mondomarcio cantava "Dentro una scatola" e considerando la figura che ha fatto, sarebbe stato meglio se ci fosse rimasto; "Malo" di Bebe era usatissima in qualsiasi trasmissione impegnativa come "Studio Aperto" mentre le Scissor Sister ci facevano ballare assicurandoci che "I don't feel like dancing".
Un mostro sacro come Cremonini uscì con "Le tue parole fanno male" strappando critiche e applausi mentre chi otteneva i consensi dalle spiagge di tutto il mondo era quel genio di Bob Sinclair che con "World Hold On" iniziava a martellare i coglioni con motivetti ripetitivi che, se dio vole, erano comunque più accettabili di "A far l'amore comincia tu".
Quella gran gnocca di Rihanna chiamava un "Sos" e si gettavano in migliaia per aiutarla, mentre i più pigri rimanevano tra "Nuvole e lenzuola" grazie ai Negramaro che stavano ripetendo il successo di "Estate" dell'anno precedente.
Al cinema ecco il capostipite "Notte prima degli esami" che ripercorreva gli esami di maturità del 1989 del professor Martinelli e degli alunni Cristiana Capotondi e Nicolas Vaporidis che, questi ultimi due, per un'estate diventarono il sogno erotico di
milioni di ragazzi e ragazze adolescenti così come "L'estate del mio primo bacio" si faceva portatore di speranze per i giovani italiani.
"Il codice da Vinci" ci iniziava a far appassionare dei libri di Dan Brown mentre riscoprivamo i cartoni come "L'era glaciale 2" o "Madagascar".
Il caldo ci faceva però iniziare ad uscire dai luoghi chiusi come le sale cinematografiche e a buttarci all'aperto, alla ricerca del divertimento e anche del riposo.
Era il 10 giugno e le scuole chiudevano.
Io finivo la prima media, ma non mi sarei mai immaginato che estate mi avrebbe aspettato.
Intanto qualcuno ci stava assicurando che "Siamo una squadra fortissimi".
(alla prossima puntata..)
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